Sapeste quanto
odio che vi serbo, quanto poco amore.
Non vi ho mai
creduto, mediocri schiavi dalle parvenze umane.
Vi ho mentito
sempre, anche se piangiamo d’identico dolore perché
siamo tutti dei monaci che brancolano nel buio. Per
tentare di capirci urliamo, ma il muro divisorio
è immane. Voi miseri
individui pieni d’illusioni, questuanti chimere, ed io stoico
senza alibi, vediamo fuggire lontano le gioie della vita.
Un altro
giorno infausto mi vede con la penna tra le dita.
Ripenso a
com’ero ieri: inebetito ed ancora speranzoso nei riverberi
dell’imbrunire, fintanto che un’ebbrezza decadente di luce
sbiadita mi condusse all’angoscia. Oh tramonto senza aurora! Oh
tempo privo d’era!
Con l’amico
affamato m’è d’ingombro la fisica giovinezza e neppure
riesco ad urlare lo sconforto, l’atroce sofferenza di non riuscire
a cogliere l’essenza di quello che per gli altri è diventata una
fede.
La lucida mia
mente da tempo immemore si è allontanata dalla realtà
meschina e greve e da coloro che la hanno accettata. Al limite io
posso capire senza comprendere soltanto i
rei, i folli ed i persi come me; tutti caduti nel fosso.
Eppure eccomi,
mi stupisco ancora una volta d’essere qui presente, guardo gli
occhi della gente intorno a me e ancor più mi
intristisco.
Avvocati cari,
nulla m’importa di procedure, codici e regolamenti: la legge mia è
l’assoluto e l’infinito dei mille firmamenti.
AB
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