Volare con cuore d'artista dipende da te.
Particolare di un disegno in via degli Eruli, a Pavia, un luogo dal quale Armando passava spesso.
Martedì 24 gennaio 2017, Armando Bruzzesi, noto anche come re dei barboni (mi raccomando minuscolo, direbbe lui), lo pseudonimo che egli stesso scelse di usare tanti anni fa, ci ha lasciato.
Noi che lo conoscevamo da tanti anni, gli volevamo molto bene, ma anche chi lo incontrava per un semplice scambio di opinioni, per chiedergli di cantare una canzone o declamare una poesia, non poteva non accorgersi che Armando fosse una persona straordinaria, estremamente sensibile, generosa e amorevole.
Qualcuno veramente speciale da trattare con estrema cura e dolcezza, quasi fosse un bambino.
Armando aveva un cuore puro e non voleva capire che nel mondo esiste tanta cattiveria e tanto egoismo. Si fidava di tutti e se quando dormiva sotto ad un salice, su una panchina, in una stazione dei treni o in un ostello per barboni qualcuno gli rubava le scarpe (oltre che tutte le sue povere cose, poesie comprese), evento che è capitato diverse volte, la sua prima reazione era la sorpresa e forse anche un po' di stizza, ma subito dopo immagino che dicesse: <Meglio così! Vuol dire che qualcuno aveva più bisogno di me di quelle scarpe; tanto io troverò chi me ne regalerà di più belle, sono pur sempre il re dei barboni!>.
Per Armando, essere re dei derelitti non significava avere dei privilegi, ma prendersi cura dei suoi "sudditi" ed è per questo che tutti coloro che per un motivo o per l'altro si trovavano in difficoltà, vivevano per strada e non avevano un soldo in tasca potevano contare su di lui. Da quando il Comune di Pavia gli aveva assegnato un appartamento in via Calcinara, molto spesso lì ospitava qualcuno, anche per parecchi mesi, anche a rischio di essere egli stesso allontanato dalla sua casa perché, purtroppo, non sempre i suoi ospiti erano persone corrette.
I Sinti di Pavia, grazie all'interessamento del povero Paolo Casagrande, lo avevano ospitato in una casetta (diventata poi la loro cappella) nel loro campo per nove mesi quando Enzo aveva occupato la sua casa e non gli permetteva di rientrare.
Era conosciuto e stimato da tutti.
Ieri, insieme ai suoi amici più cari l'abbiamo accompagnato nel suo ultimo viaggio. Eravamo in pochi e faceva molto freddo, la giornata era livida e senza un raggio di sole.
Armando fuori dalla Chiesa di San Teodoro a Pavia.
Dopo lunghe riflessioni, sapevo da tempo che Armando era malato (ma soprattutto che sarebbe arrivato questo giorno), ho pensato di continuare, con il suo consenso, ad occuparmi del suo blog. Perché ci sono ancora molte cose da dire e da ricordare della sua vita ai margini della società, sempre piena di speranza e di amore per tutti.
Aveva una gran voglia di vivere e di stare in mezzo alla gente, nonostante gli anni, era rimasto un bambino. Aveva sempre progetti e viaggi da realizzare.
Il pensiero della morte l'ha sfiorato molte volte e spesso ci scherzava dicendo che era ancora giovane e che non avrebbe voluto andarsene prima dei 120 anni.
Più volte, i giornali lo hanno dato per deceduto, ma si sbagliavano, poi usciva la verità e si sapeva che si erano confusi con un altro barbone, quando Armando spariva per un po' di tempo senza lasciare traccia di sé.
Io a questo suo modo di fare mi ero abituato, ma nei primi anni che l'ho conosciuto, effettivamente non avere sue notizie per diversi mesi mi faceva preoccupare un po'.
Il re dei barboni è morto a 87 anni.
Il 17 marzo del 1989 Armando era scampato ad una terribile tragedia, transitando circa un minuto prima del crollo della Torre Civica in prossimità della stessa torre. Mi raccontò che già prima del cedimento della struttura erano caduti dei sassi dall'alto.
Le rovine della torre del Duomo di Pavia.
Era un uomo libero, ha vissuto come ha voluto, non aveva nulla da rimpiangere, se non il fatto che suo figlio non gli avesse mai perdonato d'essersene andato di casa lasciandolo con la madre, circa 50 anni fa.
Era anche un uomo orgoglioso che s'è addormentato per sempre lasciando sul comodino un numero di telefono che no ha mai voluto chiamare.
Il trafiletto che "Il Giorno" ha dedicato ad Armando pochi giorni fa.
Armando ha lasciato molte poesie inedite che voleva inserire in una raccolta dal titolo: "Le Margherite", mi occuperò io di questo suo progetto che lui non è riuscito a portare a termine. Vi terrò informati sugli sviluppi che ci saranno in futuro e sull'eventuale data di presentazione di questo libro.
In più di 30 anni, ho registrato dei video che potrebbero dar vita ad un film documentario sul re dei barboni. So che Armando teneva anche a questo proposito; vedrò se riuscirò a mettere insieme qualcosa di buono che possa consolidare il suo ricordo. Walter
Camposanto Monumentale di San Giovannino, Pavia. Gli amici di Armando presenti all'interramento della bara leggono le poesie tratte da Fiori e Pensieri, Libertà e Amore e Sogno e Preghiera.
Chiudo questa tristissima pagina con le parole che Armando aveva lasciato scritte per la sua lapide.
A
mio figlio, non piangere!
(La
mia lapide)
Quando
questo mio misero corpo
giacerà
composto dal gelido bacio della
morte
ed
i miei occhi si chiuderanno per sempre
sigillando
l'ultima lacrima.
Non
piangere!
L'anima
mia libera troverà finalmente
nel
quieto e lungo sonno
la
pace
che
mi curvò le spalle.
Nel
silenzioso sepolcro
cesserà
la salita al Calvario.
Il
mio Calvario.
Non
piangere. Lasciami riposare.
Son
tanto stanco!
Lasciami
riposare!
All'ombra
dei cipressi e delle croci
troverò
la mia pace.